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Smart Working: novità normative

Uno degli aspetti che hanno frenato l’adozione dello Smart Working – forse più percepito che reale - è individuabile negli aspetti di salute e sicurezza connessi a questa nuova forma di erogazione del lavoro.

Infatti, chi si è trovato alle prese con l’avvio di uno di questi progetti si è dovuto fronteggiare con la preoccupazione primaria dei responsabili chiamati ad eseguirlo e che concerne la sicurezza dello smart worker.

Ciò è sicuramente legato al fatto che il dipendente esce dalla sfera di controllo del datore di lavoro e questo porta con sé tutta una serie di ansie più o meno reali.

Il personale commerciale ha già da sempre queste libertà, senza che in nessun modo esse generino tutte queste problematiche, e raramente ci si è trovati davanti a resistenze, o timori da parte dell’azienda in merito alla gestione degli aspetti di salute e sicurezza sul lavoro di tali lavoratori, normalmente soggetti all’assicurazione INAIL prevista per i trasfertisti.

Mentre il non vedere un collaboratore, che fino a ieri era in azienda, mancare dalla sua postazione genera sempre il timore prima di tutto che non stia lavorando, perché non si trova sotto il normale controllo e, solo in secondo momento che possa “farsi male” con possibile responsabilità del datore di lavoro.

Data questa premessa, chiunque abbia avviato uno di questi progetti ha fronteggiato la resistenza principe assunta dai responsabili e che è: l’assenza di copertura assicurativa INAIL per l’attività svolta al di fuori dei locali aziendali, se non addirittura la preoccupazione di dover mettere in condizione il lavoratore di svolgere la prestazione “in sicurezza” così come si è fatto in tutti questi anni in materia di telelavoro, mediante allestimento “a cura e spese del datore di lavoro” di una postazione fissa, preferibilmente presso il domicilio. 

Ma lo Smart Working non è il telelavoro, bensì una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che si caratterizza per l’assenza di vincoli di luogo e di orario di lavoro, ma soprattutto sulla base di una nuova organizzazione del lavoro “per obiettivi”.

La legge sul Lavoro Agile (L. n. 81/2017, artt. 18-23) ha voluto delineare in materia di salute e sicurezza sul lavoro un quadro molto semplice ma allo stesso tempo particolarmente preciso e incisivo. Bisogna ricordare infatti che la disciplina del telelavoro è ormai vecchia di venti anni e in quegli anni i device mobili erano piuttosto rari, mentre la normalità era costituita da pc fissi. Per tale ragione la percezione normale degli obblighi di sicurezza legati al telelavoro era quella che implicava l’uso di strumenti di lavoro generalmente forniti a cura e spese del datore di lavoro, salvo in rare eccezioni (vedi art. 3, c. 10 del TU di cui al D.Lgs. n. 81/2008 con relativi obblighi di prevenzione connessi all’uso dei videoterminali; per il settore pubblico vedi l’AI 9 giugno 2004 di recepimento dell’Accordo europeo del 2002 e il DPR n. 70/1999).

Mentre nel Lavoro Agile intervengono oltre ai normali obblighi di prevenzione legati all’uso degli strumenti di lavoro, anche fattori di 'rischio ambientale' diversi da quelli normalmente affrontati in materia di telelavoro domiciliare, perché caratterizzati anche dalla potenzialità dell’attività outdoor, difficilmente valutabili in chiave prevenzionistica proprio perché legati ad ambienti che non sono tradizionali "ambienti di lavoro". È questo – unitamente al tema della disconnessione - l’aspetto di maggiore rilevanza pratica del Lavoro agile rispetto al telelavoro sul quale il legislatore chiede oggi una sorta di "vigilanza" al datore di lavoro (quella che crea le maggiori preoccupazioni) e una più incisiva responsabilità individuale al lavoratore. Mentre sugli altri fattori connessi agli strumenti di lavoro (art. 18, c. 2 L. n. 81/2017), all’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro (art. 23, c. 2 L. n. 81/2017) e alla tutela dell’infortunio in itinere (art. 23 c. 3 L. n. 81/2017), la disciplina specifica del Lavoro Agile detta norme pur sempre riconducibili per scelta del legislatore e per analogia, ai principi guida applicabili per la tutela del rapporto di lavoro subordinato.

Per quanto riguarda gli strumenti di lavoro si specifica nella normativa che il datore di lavoro è responsabile della loro sicurezza e buon funzionamento, quando a fornirli sia il datore stesso (art. 18 comma 2). E questo è il primo aspetto da tenere in considerazione anche in chiave di evoluzione della materia. Senza adeguati strumenti di lavoro non è possibile parlare di Lavoro Agile, ma possono essere anche di proprietà del dipendente basta che rispettino i requisiti di sicurezza aziendale - policy - richiesti (Bring Your Own Devices).

Per quanto concerne la sicurezza e la salute dei dipendenti che operano in modalità di lavoro agile il datore di lavoro consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un'informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro, specificando che il lavoratore è obbligato a cooperare alle misure di prevenzione predisposte. Concretamente ciò significa che richiamando i principi di cui all’art. 2087 c.c. si responsabilizza il lavoratore (attraverso un’adeguata informativa e una formazione mirata) a scegliere luoghi di lavoro coerenti con le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e, soprattutto, idonei all'esecuzione di una prestazione – continuativa - di lavoro, evitando di mettersi - anche solo negligentemente - in una situazione di pericolo. Sul punto è di guida anche la Circolare INAIL n. 48/2017 la quale specifica che gli infortuni occorsi al lavoratore agile sono tutelati se causati da un rischio connesso con la prestazione lavorativa.

Altro aspetto di grande rilevanza pratica sul versante della tutela della salute e sicurezza del lavoratore agile in relazione alla gestione dell’orario di lavoro è il richiamo al “diritto alla disconnessione” contenuto nell’art. 19, c. 1 della L. n. 81/2017: “l'accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. Quindi, la legge introduce nel nostro ordinamento uno strumento giuridico diretto ad assicurare il rispetto dei tempi di riposo. Diritto alla “disconnessione” che qualcuno qualifica come speculare ad un “dovere di disconnessione” che spetta al datore di lavoro disciplinare nel quadro della nuova organizzazione del lavoro per “fasi, cicli e obiettivi” che caratterizza il lavoro agile (v. E. Dagnino, Il diritto alla disconnessione nella legge n. 81/2017 e nell’esperienza comparata, DRI, 4/2017).

Difficile per altro parlare di questo diritto se non si sono prima stabiliti obiettivi, tempi e metodi di esecuzione dei compiti lavorativi dentro all’accordo di lavoro agile aziendale.

Lo Smart Working è oggi l’unica strada maestra per l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro, ma anche del diritto del lavoro (e degli aspetti misurazione della prestazione di lavoro subordinato) nell’ambito della moderna organizzazione dell’impresa.