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Smart Working
Lo Smart Working può essere sinonimo di “lavoro agile”, di “work life balance”, di equilibri “win-win-win”, di digitalizzazione e delocalizzazione, di lavoro flessibile e mobile work, di nuove tecnologie abilitanti.
Proviamo a semplificare questa babele di definizioni e a capire meglio, dato che su questo tema ci sono molti fraintendimenti.
Lo scopo dello Smart Working è quello di “incrementare la produttività e la conciliazione dei tempi di vita e lavoro” per migliorare le condizioni di lavoro dei collaboratori, attraverso anche una maggiore collaborazione tra persone e tra reparti.
Vengono dunque introdotti nuovi modelli e modalità di lavoro: il dipendente può organizzare il proprio lavoro in maggiore autonomia, con flessibilità (non facciamo l’errore di pensare solo al cosiddetto “telelavoro” e quindi il lavoro da casa, in orari più comodi al collaboratore).
Le opportunità e i benefici dello Smart Working risultano evidenti: il “lavoro agile” porta un migliore equilibrio (work life balance) nei rapporti lavorativi, anche verso i collaboratori che svolgono un’attività sul campo (agenti, assistenza tecnica, ecc.) e perciò all’esterno del perimetro aziendale, nonché i molti stakeholder dell’impresa (es. contoterzisti, ecc.).
Per l’azienda tutto ciò si traduce in maggior produttività ed in un grado molto elevato di fiducia e fidelizzazione del collaboratore.
Se infatti, il management agisce coerentemente e perciò favorisce la responsabilizzazione dei dipendenti, la risposta è tendenzialmente quella di maggior motivazione e fiducia da parte degli stessi.
Per attuarlo non bastano però, come detto, solo sistemi di “telelavoro”, ma un’intera rete di azioni (strategiche e pratiche) che creino il terreno fertile per collaborare e comunicare in modo più efficace.
Imprescindibile per la sua attuazione è poi il corretto abilitatore tecnologico